Numero 11

L'Industria, la Città, l'Ambiente
Quadrimestrale, Spedizione in abbonamento postale

EDITORE: Associazione Culturale Progetto Emilia Romagna

Questo giornale convoca intellettuali, scrittori, scienziati, psicanalisti, imprenditori sulle questioni nodali del nostro tempo e pubblica gli esiti dei dibattiti a cui sono intervenuti in Emilia Romagna e altrove, per dare un apporto alla civiltà e al suo testo.
MASSIMO CASOLARI
Architetto, titolare dello Studio Agoraa

METODI PER LO SVILUPPO SOSTENIBILE

Intervista di Carlo Marchetti

Può accennare a come, e in seguito a quale istanza, è sorto e si è sviluppato il progetto Agoraa?

L’esigenza d’individuare metodologie e strumenti differenti rispetto a quelli appartenenti alla normativa urbanistica nazionale e regionale si è manifestata sin dai primi anni di attività dello Studio Agoraa: nato nel 1984, lo Studio affronta incarichi professionali di natura urbanistica (PRG, piani particolareggiati, piani di recupero), riguardanti soprattutto i centri storici. Applicando ai piani le metodologie e le norme obbligatorie per legge, si è constatato il divario tra la cosiddetta intuizione sul campo (rilievo critico della realtà, diagnosi e rimedi necessari) e la natura burocratica degli strumenti urbanistici esistenti (fondati su standard, tipologie e vincoli) tendenti a “normalizzare” (spesso banalizzandole) le eventuali peculiarità locali o a forzarle entro criteri generali, o generici, spesso astratti. I piani redatti dallo Studio Agoraa si sono così connotati, fin dall’inizio, di “ribellioni”, allo scopo di evidenziare le peculiarità locali (identità) e l’impossibilità a trattare il tessuto storico urbano come una qualsiasi zona del PRG (Piano Regolatore Generale). Sono nati così oltre venti piani “anomali”, definiti “studi di fattibilità” dalla Regione Emilia Romagna.

Si parla sempre più spesso di metodo Agoraa, riguardo alla promozione delle risorse culturali e artistiche di determinati territori, in integrazione con l’aumento della cosiddetta visibilità internazionale. Cosa s’intende con ciò?

Il metodo Agoraa non è altro che un’organizzazione di azioni e di strumenti per orientare l’amministrazione locale nel compito a lei proprio di promuovere lo sviluppo del territorio. È una procedura per evitare che la “macchina pubblica” operi condizionata dalle urgenze, dai problemi del quotidiano e in base ai singoli progetti, spostando l’attenzione sulle strategie a medio e a lungo termine, sulle politiche sovracomunali e sui sistemi di progetti integrati. L’amministrazione non deve trovarsi mai sola nel condurre politiche per la collettività. Il metodo Agoraa individua attori e partner che partecipano all’organizzazione delle risorse locali attraverso gli strumenti di concertazione: accordi di programma, protocolli d’intesa, convenzioni pubblico-privato. L’applicazione integrale del metodo è avvenuta per la prima volta a favore della città di Urbino. Nel 1998 il centro storico della piccola capitale del Rinascimento italiano è stato riconosciuto patrimonio dell’umanità dall’UNESCO. Dal 1999 al 2001 sono seguiti altri tre incarichi che hanno completato le azioni del metodo: piano di riqualificazione del centro storico, studio di fattibilità per individuare le strategie di sviluppo, accordo di programma per collocare Urbino nel sistema economico del Montefeltro, protocollo d’intesa per la promozione dell’esperienza pilota di Urbino e dei territori limitrofi. Attraverso quest’esperienza Urbino è riuscita a produrre documenti internazionali che l’hanno collocata all’attenzione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, della Comunità Europea, dell’UNESCO. Il metodo è dunque una guida per organizzare le risorse locali e tradurle in politica di sviluppo del territorio, attraverso le logiche della conservazione e della valorizzazione dei beni culturali e naturali, tenendo conto dell’esigenza di competitività e innovazione espressa dalla collettività.

Cosa intende quando, nei suoi scritti, parla di qualità e metodo della valorizzazione delle risorse culturali e ambientali?

Il metodo si basa su sistemi integrati, progetti e azioni di qualità. La qualità è un punto fondamentale per la riuscita del metodo, sia quando è da riconoscere (identità), da conservare (patrimonio), da produrre (nuove azioni), o da promuovere (comunicazione). Se sussiste un sistema (urbano o territoriale) di qualità, gl’imprenditori sono attratti e investono in azioni corrispondenti o maggiori alla qualità raggiunta. Per passare dai sistemi integrati di qualità al conferimento di valore aggiunto occorre predisporre un piano strategico d’interventi che rappresenti il punto forte della politica concertata: un patto con la città e il territorio che produca sviluppo sostenibile e compatibile. L’alta qualità del centro storico “produrrà” valore aggiunto se sarà integrata a interventi (infrastrutture e servizi) anch’essi di qualità.

Può dare una sua definizione di “governance”, soprattutto riguardo alle problematiche di governo locale?

Il metodo ha una peculiarità che assicura l’applicabilità e la fattibilità delle azioni: tutti i processi sono caratterizzati da un’inversione di scala, poiché si attuano “dal basso verso l’alto”. È questa la formula più innovativa. I sindaci avvertono che possono essere leader di un progetto di sviluppo socioeconomico del proprio territorio, muovendosi da protagonisti sino ai livelli nei quali le loro tematiche trovano la migliore collocazione.

Com’è sorta e quali realizzazioni ha comportato finora la sua collaborazione con l’UNESCO? Sono previste ulteriori iniziative in Italia, in collaborazione con quest’agenzia dell’ONU?

La collaborazione con l’UNESCO è avvenuta grazie al progetto per Urbino e al conseguente riconoscimento del metodo (30 marzo 2001). La divulgazione del metodo è iniziata nel 2002, attraverso la partecipazione ai lavori organizzati dall’ONU per celebrare i trent’anni di attività della Convenzione UNESCO. Su specifico incarico dell’Associazione Città Italiane Patrimonio dell’UNESCO ho ideato e realizzato il primo “Padiglione UNESCO” all’interno del Salone del Restauro di Ferrara. L’applicazione del metodo in ambito UNESCO è stata poi richiesta per Amalfi, Assisi, Porto Venere, Vienna, Regensburg e per la città indiana di Pondicherry. L’esigenza del Ministero per i Beni e le Attività Culturali d’individuare una metodologia da sottoporre ai Sindaci che dovranno redigere i piani di gestione per i 39 siti UNESCO italiani mi ha collocato nella prospettiva di consulente dell’attuale Ministro Giuliano Urbani..