Numero 5 - LA CURA DELLA CITTA'
Quadrimestrale, Spedizione in abbonamento postale

EDITORE: Associazione Culturale Progetto Emilia Romagna

Questo giornale convoca intellettuali, scrittori, scienziati, psicanalisti, imprenditori sulle questioni nodali del nostro tempo e pubblica gli esiti dei dibattiti a cui sono intervenuti in Emilia Romagna e altrove, per dare un apporto alla civiltà e al suo testo.
RUGGERO MONTANARI
coordinatore del Polo vivaistico Ca' de' Fabbri, Bologna

L'ALBERO, L'ARIA DELLA CITTA'

intervista di Pasquale Petrocelli


Può darci una breve testimonianza dell’esperienza del Polo vivaistico di Ca’ de’ Fabbri?

Il Polo vivaistico di Ca’ de’ Fabbri inizia le prime esperienze alla fine dell’800, con alcune aziende che esponevano nei mercati sul nostro territorio. Fino al 1940 vendevano le piante richieste in quei tempi: biancospino per le siepi intorno ai casolari e olmi per i filari di viti. Poi cominciò la vendita dei frutti per la creazione di frutteti di notevole importanza anche tuttora nella nostra zona. Poi, quando la frutticultura andò in crisi, le aziende cominciarono ad aprirsi maggiormente al giardinaggio, che avevano cominciato già nel ‘60. Dal ‘60 al ‘70 le aziende del Polo cominciarono anche i primi rapporti internazionali, prima di tutto con la Germania. Così, da una prospettiva nostrana ci si spostò in direzione delle richieste di piante per il nord Europa. A quel punto ci fu l’abbandono quasi totale dei frutti e lo spostamento verso il giardinaggio industriale, attraverso la cooperazione con grossi costruttori edili e la produzione di alberi in genere.
Dal ’70 in poi, la produzione di alberi per il mercato estero inizialmente ha interessato Germania, Svizzera, Olanda e Austria, oggi c’è un notevole sviluppo verso la Spagna, la Grecia e la Turchia. Ormai possiamo dire che abbiamo fatto proprio bene a sposare la politica dell’internazionalismo.

Il titolo di questo numero della rivista è La cura della città. Ora, qual è il contributo che l’albero può dare a questa cura?

Basti dire che l’albero è in assoluto la pianta che produce più ossigeno. In una città, quando fa molto caldo, nelle zone in cui la presenza degli alberi è consistente, i gradi di riscaldamento scendono del 2-3%, non, semplicisticamente, perché l’albero fa ombra ma perché crea un microclima che fa abbassare di un paio di gradi il termometro, e questo è sicuramente un aiuto per la gente. Quindi per la città.

Parlando di città non si può non toccare il tasto dell’inquinamento. L’aria, come l’acqua, è un bene essenziale. Nel libro di Aurelio Misiti Il viaggio dell’avvenire (Spirali), si legge che non molto tempo fa a Kyoto si è parlato della questione dei limiti dello sviluppo, proprio ai fini della salvaguardia dell’aria, sempre più irrespirabile per l’incremento dei motori. Qual è l’apporto che gli alberi potrebbero dare se venisse loro data la giusta importanza?

C’è da dire che l’inquinamento dei veicoli non supera il 18-20%. Il 70% invece viene da tutte le forme di riscaldamento della città, quello delle case, e un altro 10-15% dalle aziende industriali. Quindi, nella città l’inquinamento più grande viene dalle case. L’albero, e non il verde in generale, con la trasformazione dell’anidride carbonica in ossigeno, è l’unica pianta in grado di fronteggiare l’inquinamento. L’ossigeno infatti disinquina.
Ci sono anche altre piante disinquinanti, che possono essere come cespugli, le quali trattengono e immagazzinano le polveri sottili e gli scarichi delle macchine. Ma per l’ossigenazione in generale, per il disinquinamento atmosferico, l’albero fino adesso è l’unica risorsa che noi abbiamo. Del resto, due alberi di vent’anni, di notevoli dimensioni e in buona salute, creano ossigeno come se non girassero 200 macchine al giorno. Quando si dice che la città deve avere dei polmoni di verde, questi polmoni devono essere aree di alberi e non di prato. Il prato e il verde in generale contribuiscono sicuramente alla qualità della vita, ma per l’ossigeno occorrono gli alberi.

Com’è la situazione a Bologna?

Anche se già da trent’anni si parla di un progetto per una fascia boschiva attorno alla città, non è mai stato sviluppato in modo adeguato. Ma, dai dibattiti attuali, emerge che nell’attuale Amministrazione comunale di Bologna tutti sono disposti a crearne i presupposti. I responsabili del Comune vorrebbero almeno raddoppiare la presenza degli alberi. Questa è un’ottima idea. Certo però occorre tener presente che un albero non è un palo di cemento e perciò prima di essere piantato, durante e dopo, ci sono molte valutazioni da fare e molti accorgimenti di cui tener conto. È molto importante che le qualità di alberi vengano scelte in un ambito del nostro territorio e da persone qualificate.

Voi vivaisti potreste collaborare?

La disponibilità del nostro gruppo vivaistico c’è e c’è sempre stata. Anzi, anche per la nostra posizione, nell’eventualità e necessità di forme di collaborazione, produzione e tutela per il verde, Bologna può sicuramente trovare in noi le condizioni ottimali per un discorso continuativo, anche perché noi crediamo in questa realtà di vita al di là di quelle che sono le esigenze d’impresa. Spesso però si fa un capitolato senza sapere se sul mercato si trovi o meno il tipo di pianta stabilito o se le condizioni in cui quel tipo di pianta deve poi esistere sono quelle a essa ottimali. Altri paesi europei, invece, quando fanno un capitolato di una spesa pubblica di un certo livello, prima di stabilire se determinate piante sono da mettere in elenco o no visitano la produzione. Vanno nelle produzioni, nelle quattro o cinque aziende più grosse e creano un’informazione.

Nel periodo in cui avete collaborato con i costruttori edili per quanto concerneva i giardini, che impressione avete ricevuto della loro sensibilità al verde?

In quel periodo c’era l’esigenza del verde da parte della gente, l’edilizia quindi doveva farlo per forza. Adesso c’è una legge dello stato che dice che in tutte le costruzioni edili ci vuole una quota di verde, per cui neanche ora si può scappare.
Forse però l’edilizia non considera il verde al livello che noi vorremmo. In generale lo considera una necessità imposta dalle normative, non è sensibilizzata in un modo adeguato ai tempi in cui viviamo. Sul verde spende solo dallo 0,5% all’1% circa. Comunque non si tratta di prendersela né con l’edilizia né con le amministrazioni pubbliche. Il verde è una questione culturale e se si sensibilizza la gente anche la politica e l’edilizia non possono non prenderne atto.