La Città del Secondo Rinascimento

Numero 15 - L'icona del valore

Ruggero Campagnoli
docente di LIngua e letteratura all'Università di Bologna

UNA NUOVA ESTETICA

Il mio discorso, breve, relativo al libro di Marco Maiocchi, Archestesie, ha cinque livelli. Il più basso è che sono stato presente nel libro come mangiatore di tartufo, e sono contento di averlo fatto.

Il secondo è quello del gioco che condividiamo con Maiocchi e gli altri amici coautori del libro, e che è una scelta epistemologica. Il gioco è il luogo in cui si fanno le cose che altrove non si fanno, e quando si fanno le cose nel gioco si scoprono realtà impreviste.

Questi sono i primi due livelli del discorso che nasce dal libro, ma ce ne sono altri, con cui entriamo nella parte seria e pensosa.

Il terzo livello è quello della traduzione sinestetica o sinestesica, da tempo uno dei progetti più interessanti di Marco Maiocchi. Non è proprio la sinestesia, che è una figura retorica che condensa due percezioni, ma è il passaggio da una percezione a un’altra. È il sogno degli automi del Settecento che continua nel pensiero di Maiocchi e degli amici: come trasferire una sensazione nell’ambito di un’altra sensazione. Fare questo è molto interessante ma in questa fase molto è aleatorio, molto è giocato. Il gioco si trasferisce a questo livello.

C’è poi la novità. Penso che gli autori abbiano fatto un grandissimo passo avanti con l’archestesia perché c’è la ricerca di un linguaggio che descriva i vari sensi e che permetta il trasferimento da una percezione all’altra. È una grandissima novità che, ovviamente, apre una strada difficile da percorrere. Il libro non risolve questo problema, ma il semplice fatto di porre questo problema per lavori futuri è estremamente significativo.

C’è un altro livello, che non è nel libro ma è fuori. È il livello epocale.

Perché ci sono persone che stanno facendo queste cose in questo momento? E come mai s’incontrano persone che, da origini diverse, confluiscono su queste cose? Ho una mia idea, ne sono pienamente convinto. Siamo in un’epoca, che io chiamo post-moderna, in cui si sta fuggendo finalmente dall’ispirazione, perché quello che non è più gestibile è la libertà assoluta dello scrittore, del musicista, dell’architetto, di chiunque produca oggetti estetici. Questa libertà è ormai non-senso e per la necessità del lavoro che si fa si cercano o tradizioni o archetipi che permettano di fare un discorso che abbia una sua occorrenza, una sua fondazione, una sua serietà. Si sta tornando a un accademismo nuovo, c’è il recupero di una nuova estetica dopo il disastro del modernismo. Questa è la mia opinione.