La Città del Secondo Rinascimento

Numero 29 - La scrittura del pianeta

Shen Dali
poeta, scrittore, docente all'Università di Pechino

MICHELANGELO E GÜNTHER ROTH

Esattamente un anno fa, in questa stagione, Dong Chun e io abbiamo intervistato lo scultore Günther Roth nel suo atelier di Milano. Ci mostrò, in modo particolare, una foto della Pietà Rondanini di Michelangelo e ci disse che questo capolavoro michelangiolesco era stato, per lui, fonte di miracolosa ispirazione.

Grande ammiratore dell’arte figurativa italiana, Günther Roth si trasferisce in Italia, “Musa dei pittori”, e segue l’esempio di Michelangelo, faro del rinascimento.

Michelangelo è uno dei maestri più fecondi di tutti i tempi. Ha lasciato ai posteri un’opera senza tempo, la cui prodigiosa imitazione continua a essere visibile attraverso gli artisti contemporanei. Nella bibbia del Taoismo, Lao Zi, il grande saggio cinese, dice: “Attraverso il non-essere, afferriamo il suo segreto, attraverso l’essere, raggiungiamo la via”. Qui, Lao Zi concepisce il temporale al di fuori dell’eternità. È quindi fuori dal tempo che noi cinesi apprezziamo Michelangelo, questo Titano dell’arte plastica. La sua opera artistica è di una modernità assoluta.

Prendiamo come esempio la Pietà Rondanini, conservata oggi presso il Castello Sforzesco di Milano. Nel febbraio 1564, sentendo la morte avvicinarsi, Michelangelo portò a compimento, con grande amore, questa statua che si è dimostrata intramontabile per l’essenza monumentale della composizione e per il suo valore estetico. Il maestro della scultura mescola Gesù Cristo e la Santa Vergine in un unico blocco sofferente, facendo sgorgare un’emozione umana estraniante. Questa straordinaria ri-creazione della bellezza umana parla direttamente all’anima e, attraverso un modello vago, lascia vagabondare l’immaginario e traduce forte e chiaro il credo di Michelangelo in materia di arte, che si può riassumere in una sola espressione: “illusione appassionata”.

Senza dubbio, questa “illusione appassionata” ha impressionato Günther Roth, artista moderno, e ha guidato la sua carriera di scultore. Da sempre, l’uomo ha bisogno di illusioni. Vedendo un fiore appassito che torna a vivere sul suo stelo, un sacerdote shinto scrive: “On! È una farfalla”. Günther Roth risponde a questa aspirazione umana. Immerso nell’esplorazione artistica, egli tenta di svincolarsi dall’estetica convenzionale, cercando un orientamento che non è verista ma che esprime la ricerca di un altrove e che si apre attraverso una struttura metafisica, un nuovo campo semantico, che cela un linguaggio plastico forte e ricco, per dare libero sfogo alla fantasia più denudata.

Si tratta di un procedimento retorico che mira a realizzare lo scarto in confronto al grado zero della scultura. In questo modo, egli considera l’oggetto come un organismo aperto e fa del suo meglio per guardare all’interno in modo da rappresentare il microcosmo sotto differenti angolazioni; ciò implica una visione multipla dell’universo in gestazione.

L’approccio di Günther Roth consiste quindi nell’ammaliare la natura per penetrarla e scoprire un mondo interiore rivelando una vitalità inquieta, uno slancio vitale, attraverso la proiezione interna dell’immagine.

Un osservatore cinese può comprendere bene l’arte plastica e personale di Günther Roth, poiché Lao Zi indica: “Ciascuna cosa possiede la propria bellezza, ma pochi possono vederla”.

Attraverso i suoi studi e l’articolazione spaziale dell’interno, Günther Roth ha attinto una monumentalità magica che ci fa pensare alla “figura estesa” di Henri Moore, che offre metafisicamente uno spazio sviluppabile.

Nella sua ricerca di un nuovo linguaggio plastico, Günther Roth sviscera un oggetto normale per trovare una posizione spaziale e per liberarne un’“intensa vitalità”. E ancora, per mostrare i molteplici aspetti del suo personaggio, egli utilizza lo specchio, ottenendo così un doppio effetto allo stesso tempo magico e ingannevole.

Tra le sue opere pittoriche e scultoree, attira la nostra attenzione una statua in terracotta che potrebbe chiamarsi “La creatura che sorride”. Quest’opera classica è differente dalle altre statue europee che sono spesso associate a un’idea di bellezza e di purezza come la Venere di Milo o il Davide di Michelangelo. Ispirandosi all’arte pre-colombiana, essa privilegia il potere dell’espressione alla bellezza espressiva e mira a una vitalità spirituale. Ecco il frutto dell’esplorazione di una nuova tensione plastica.

L’originalità di questa statua in terracotta è che lo scultore ha frammentato coraggiosamente i volumi monumentali in diverse facce, fondendole in un solo blocco formale e realizzando l’illusione di un’immagine autentica. Il ritmo impulsivo così instaurato colpisce fortemente lo spettatore. Si rimane anche impressionati dall’espressione del viso della statua di Günther Roth. L’artista ha saputo, con ingegno, modellare una bocca i cui angoli sono tirati all’indietro, delineando un sorriso stranamente differente dal sorriso misterioso della Gioconda di Leonardo Da Vinci, che ha avuto un ruolo straordinario nella composizione dell’opera.

Davanti alla creatura che sorride di Günther Roth, uno spettatore cinese potrebbe annotare: “Assomiglia alla maschera in bronzo di Sanxingdui che si trova da noi”. La somiglianza, in effetti, tra la faccia della statua di Günther Roth e la famosa maschera cinese è impressionante. Si trovano le stesse protuberanze rivelate del viso, con tratti impetuosi, messi in rilievo dagli occhi sporgenti che riflettono una forza plastica straordinaria.

Sanxingdui, che in cinese significa “i ponticelli Tre stelle”, è un sito archeologico che si trova nella provincia cinese del Sichun. La famosa maschera in bronzo è stata scoperta per caso nel 1986. L’evento ha messo in grande agitazione l’ambiente archeologico del mondo intero. Infatti, la maschera in bronzo rappresenta la più antica traccia di civilizzazione cinese, risalente al 2800 a. C. circa.

Si tratta di una pura e fortunata coincidenza? Forse sì. Sempre grazie alla sua ricerca assidua e talentuosa, costantemente in preda all’angoscia, come Michelangelo nella sua epoca, il nostro scultore ha trovato infine l’immagine e l’espressione del primo uomo. Per un artista autentico non esiste migliore consolazione che quella ricompensata dai suoi sforzi.

Il sito di Sanxingdui si trova nella regione di Chong Quin che non è estranea ad alcuni di voi in quanto in questa città, che si trova alla confluenza dello Yangtsé e del fiume Jialing e che conta trenta milioni di abitanti, più della metà della popolazione italiana, ha avuto luogo fino allo scorso giugno una mostra di pittura italiana contemporanea. In questa occasione, i nostri amici italiani invitati a Chong Quin, tra cui Ferdinando Ambrosino e Salvatore D’Addario, hanno visitato i Buddha giganti scolpiti nelle rocce del Trésor a Dazu che si trovano in una valle poco assolata classificata dall’UNESCO come patrimonio culturale mondiale. Visitando questo sito con loro, sono rimasto a lungo a contemplare i Buddha: uno di questi aveva la mano sinistra su quella destra. La guida ci ha spiegato che con questo gesto il Buddha voleva cacciare la Noia, che è diventata, a mio parere, il male più grande della società consumistica in cui viviamo oggi. Durante questa contemplazione zen davanti a una scarpata lussureggiante, ho dimenticato, almeno per un istante, il baccano di questo basso mondo e ho rotto a giorno “la polvere rossa”. È senza dubbio l’effetto dell’arte, il miracolo della pittura.

Quindi, con piacere sono vicino al secondo rinascimento, per il quale voi lavorate incessantemente qui in Italia.