La Città del Secondo Rinascimento

Numero 17 - La salute intellettuale

Paolo Pontiggia
oncologo, docente dell'Università di Pavia

L'IMMUNITÀ PER LA QUALITÀ DELLA VITA

In occasione del nostro appuntamento precedente a Bologna (il convegno Il cuore. Novità nella ricerca e nella cura, 23 novembre 2002), avevamo parlato di una metodica, la terapia chelante, utilizzata a scopo terapeutico nelle malattie del cuore e nelle malattie dei vasi. Allora, avevamo chiara l’idea di quello che si doveva fare, ma non avevamo altrettanto chiari i meccanismi applicativi e, sopra tutto, non avevamo un’esperienza diretta che ci consentisse di dare giudizi. Ora si possono trarre le prime conclusioni del lavoro svolto. Poiché mi occupo prevalentemente di tumori, solitamente in fase avanzata, e al mio Centro arrivano persone che hanno già tentato altre strade terapeutiche, per me è particolarmente spontaneo pensare che la vera terapia, nella cura dei tumori, sia la prevenzione, non la cura farmacologica o quella radiante. Indagando la prevenzione, ci siamo resi conto che, stranamente, esistono aspetti di base comuni a differenti malattie. Problema centrale è la reattività immunitaria del soggetto. Ciascuno ha una propria reattività immunitaria senza cui, nel caso dei tumori, delle malattie virali e di tante altre patologie, non c’è terapia che possa dare risultati.

Esaminiamo il particolare processo dell’immunità: alla nascita, abbiamo un’immunità estremamente debole, quel poco d’immunità, umorale, che abbiamo deriva dagli anticorpi materni. È presente alla nascita anche una cosiddetta immunità tissutale ma l’immunità che deriva dalla produzione di anticorpi incomincia solo dopo la nascita e si sviluppa man mano, con lo sviluppo dell’organismo, con le malattie e le vaccinazioni. Il sistema immune diventa sempre più efficace fino all’età di quarant’anni. Dopo tale età si ha un fenomeno di discesa, con un impoverimento progressivo delle nostre capacità immunitarie. Come se fossimo programmati per la vita nei primi quarant’anni e per la morte nei secondi quaranta, o nei secondi ottanta, se vogliamo andare avanti nel tempo. Ci chiediamo se, attualmente, possiamo intervenire in questa direzione, cioè se possiamo fare qualcosa per rallentare questo degrado immunitario. Contemporaneamente, vediamo che attorno ai quarant’anni la curva d’incidenza dei tumori s’innalza: abbiamo tumori alla nascita, congeniti, tumori infantili, quando l’immunità è ancora scarsa, poi tumori dell’età adulta, in cui i tumori si sviluppano con difficoltà, e dopo i quarant’anni inizia una progressiva incidenza dei tumori. Parlo dei tumori della mammella, dei polmoni, dello stomaco, della prostata nell’uomo, con un’incidenza che diviene elevatissima quando arriviamo a quarant’anni. Ciò vuol dire che possiamo fare prevenzione seria in campo oncologico se proteggiamo il sistema immune e se adottiamo quelle misure adatte a diminuire l’incidenza dei tumori: l’80% dei tumori è passibile di prevenzione. Stili di vita, abitudini alimentari, abitudini sessuali, fumo e inquinamento atmosferico sono fattori che incidono sulla crescita del tumore.

Riguardo al tema dell’invecchiamento, è evidente che non si può fare prevenzione dell’invecchiamento stesso, che ritengo inevitabile, ma possiamo diminuirne drasticamente i sintomi e le complicanze. Con interventi opportuni, possiamo ottenere una qualità di vita nettamente superiore per i nostri anziani, ma bisogna incominciare a quaranta o cinquant’anni, non a ottanta. A questo punto, però, ci scontriamo con una mentalità fatalistica tipica dell’italiano, che pensa alle vacanze o ad altre occasioni di divertimento e non si preoccupa di quello che succederà poi, nel campo della salute: occorre cercare di educarlo. Le patologie legate all’invecchiamento sono sopra tutto i tumori, le malattie cardiovascolari e la malnutrizione dell’anziano intesa non soltanto in senso quantitativo – per cui l’anziano tende a mangiare meno perché ha la dentatura in disordine, digerisce male e ha una limitazione progressiva delle sue esigenze alimentari –, ma malnutrizione come cattivo equilibrio tra gli alimenti assunti. Poi ci sono le malattie degenerative tipiche della vecchiaia, come quelle neurologiche, essenzialmente l’Alzheimer, una tra le più diffuse e più temute, perché ha obiettive difficoltà di cura, quelle osteoarticolari, come le artrosi e le osteoporosi, quelle sensoriali, che colpiscono la vista, l’udito, l’olfatto, il gusto che, progressivamente, s’impoveriscono: tutte situazioni che si possono, comunque, in parte, prevenire. Alla base di tutto questo ci sono tre fattori principali: l’età anagrafica, il sistema immunitario – che declina spontaneamente, lentamente o in maniera accelerata, a seconda di come ci si è comportati – e il sistema cardiovascolare, con la degenerazione dei tessuti dei vasi, del cuore e periferici, arterie e vene.

Il sistema immunitario interferisce direttamente con lo sviluppo di tumori, di malattie autoimmuni, di malattie virali e nell’invecchiamento in genere. Il sistema immune è quindi il sistema che difende l’organismo contro gli agenti esterni e gioca un ruolo essenziale nello sviluppo dei tumori e delle malattie autoimmuni e nell’invecchiamento. Dunque, il deficit immunitario dell’anziano arriva a interessare l’80% delle patologie. Quali interventi possono aiutarci? Quelli dietetici, come l’acido folico della verdura e della frutta, il beta-carotene presente negli alimenti colorati di giallo, l’olio di pesce ricco di acidi grassi insaturi, la dieta mediterranea di cinquant’anni fa, fatta di pane, cipolle, olio d’oliva e vino rosso. Possiamo utilizzare anche immunostimolanti di origine naturale, come molte erbe utilizzate nella medicina cinese, quindi, l’innovazione terapeutica costituita da sostanze come l’EDTA, che permettono le terapie chelanti, disintossicanti l’organismo. Poi l’agopuntura, altro meccanismo di stimolazione del sistema immunitario, quindi gli antiossidanti come le vitamine A, E, C che hanno un’attività di contrasto dell’ossidazione, i coloranti contenuti nel vino rosso e nel the verde, l’olio di oliva ricco di vitamina E, i grani con i germi non farinosi, gli enzimi, che hanno un ruolo estremamente importante in questi meccanismi. L’Alzheimer, per esempio, è una patologia causata dalla deposizione di una sostanza particolare chiamata amiloide, e un’attività enzimatica sufficiente riesce, se non a prevenire completamente, a rimandare nel tempo la patologia o a migliorare la situazione nelle fasi iniziali di questa malattia: infatti, gli enzimi contenuti in alcuni alimenti o somministrati a scopo terapeutico hanno la facoltà di rompere queste molecole proteiche abnormi e, quindi, di mantenere i tessuti nella massima pulizia.

Riguardo agli stili di vita, dobbiamo consentire un’introduzione di grassi non eccessiva, l’utilizzazione dell’alcool in maniera corretta, la limitazione del caffè e del fumo e la promozione del movimento fisico. Con questi provvedimenti abbiamo ottenuto riscontri clinici sicuramente positivi. Gli anziani sono riusciti a compensare molti deficit neurologici e altre situazioni di precarietà di salute e a migliorare nettamente la qualità di vita. Tali sono i risultati dell’esperienza di questi due anni. Consiglio pertanto agli anziani di fare, una volta ogni due, tre, sei mesi una settimana di terapia intensa a scopo di prevenzione dell’invecchiamento. Facendo questo, partendo dall’età di cinquanta o sessant’anni, abbiamo la possibilità di migliorare molte situazioni che, altrimenti, andrebbero deteriorandosi. Le infusioni di EDTA devono essere assolutamente controllate da un medico e fatte da una persona esperta. Ma, sopra tutto, è fondamentale l’infusione di EDTA combinata con interventi di tipo nutrizionale, con l’utilizzazione di enzimi e di sostanze antiossidanti, con l’obiettivo di adattare la terapia a ciascuna particolare situazione e a ciascun particolare paziente. Non accetto l’idea di uno schema applicativo che valga per tutti: pensiamo anche alle differenze tra uomo e donna, anche nell’età anziana. Consiglio dunque ai medici di adattarsi con elasticità a ciascun paziente, utilizzando le linee guida. I risultati potrebbero essere notevoli e molte patologie tenderebbero non a scomparire, ma, sicuramente, a diminuire. Le sostanze rimosse dal sangue a opera della terapia chelante a base di EDTA sono il calcio, lo zinco, il rame, il ferro e tutti i metalli pesanti. Viviamo in un ambiente che tutti i giorni ci fornisce metalli pesanti. La terapia chelante riduce i radicali liberi e possiamo agire direttamente sui sintomi e le malattie legate all’invecchiamento, sulle carenze nutrizionali e sul deficit di ossigenazione a livello cardiaco e cerebrale, migliorando la funzionalità cardiaca e riequilibrando la pressione del sangue. L’ossigenazione cerebrale è un punto essenziale se vogliamo recuperare a una vita accettabile i pazienti anziani. Inoltre, l’EDTA riduce l’aggregabilità delle piastrine, componenti del sangue con effetto pro coagulativo, con la conseguente azione di snellimento sulla fluidità dei vasi, con una migliore circolazione sanguigna e un migliore apporto tissutale di ossigeno e delle sostanze nutrizionali sciolte nel plasma, come le vitamine e gli altri nutrienti. Abbiamo anche riscontrato una tendenza alla normalizzazione dei livelli di colesterolo e, sopra tutto, un riequilibrio tra il colesterolo a basso e quello ad alto peso molecolare. Inoltre, il miglioramento della perfusione nel metabolismo cerebrale è alla base di significativi incrementi di performance cerebrali in persone affette da Alzheimer o da vasculopatie legate all’arteriosclerosi senile. Abbiamo, dunque, la possibilità concreta d’intervenire in modo o preventivo o terapeutico nelle fasi non molto avanzate di malattia con risultati sicuramente apprezzabili.