La Città del Secondo Rinascimento

Numero 33 - La crisi e la riuscita

Leonardo Giacobazzi
ambasciatore del Consorzio Tutela Aceto Balsamico Tradizionale di Modena

VINCERE CON I PRODOTTI TIPICI

In un momento considerato di crisi generale e generalizzata, in che modo si può affrontare il mercato nel settore alimentare?

Sicuramente è importante non considerare la crisi come definitiva, ma individuare quei meccanismi utili a sopperire alle eventuali diminuzioni della richiesta. Occorre cioè creare un valore aggiunto al prodotto attraverso promozioni, pubblicità mirata e individuazione di nicchie di mercato finora poco considerate.

Apparentemente, il prodotto alimentare è considerato bene indispensabile. Ma non è sempre così. Il settore dei prodotti di base, come la pasta, il pane e l’olio, è costituito da pochi produttori che lavorano per grandi quantità. In questo caso il mercato è più gestibile da parte dei produttori, che possono in qualche modo fare cartello, per raggiungere il massimo delle economie di scala. Similmente, la grande distribuzione tende a sviluppare propri marchi e, in funzione di grandi previsioni di ordini e impegni commerciali, riesce a ottenere dalla produzione ottimi prezzi.

L’Italia però è particolarmente forte, non solo per qualità e quantità delle produzioni alimentari, ma anche per la grande varietà di prodotti che si differenziano per zona di origine, per tradizione, ma anche per riconoscimenti e protezioni quali DOP e IGP. A una prima analisi, questo settore può essere fortemente penalizzato dalle imitazioni e dal fatto che le produzioni sono spesso limitate e realizzate da produttori piccoli, a volte a livello familiare, che vivono una situazione veramente difficile, poiché la GDO esercita un potere enorme su di essi, direi di vita o di morte, e scarica proprio su di essi il peso delle promozioni, degli sconti e quant’altro. Un esempio è il nostro Parmigiano Reggiano, prodotto seguendo un rigidissimo disciplinare, eppure, in particolare in questo periodo, utilizzato come prodotto civetta a basso prezzo: i produttori non sono in grado di controllare il mercato e i loro sforzi produttivi volti all’ottenimento di altissima qualità non vengono ricompensati, ma spesso portano invece alla chiusura.

La vendita a basso prezzo viene vista dai singoli come l’unica via d’uscita da una situazione economica difficile, che invece diventa così sempre più insostenibile. Io penso che si possa uscire da questo circolo vizioso solo grazie a una maggiore attività consortile e tramite un processo di aggregazione, almeno commerciale, per riuscire a creare immagine al prodotto, a costo di passare attraverso una momentanea diminuzione dell’offerta produttiva.

E nel settore dell’aceto balsamico che cosa sta succedendo?

L’aceto balsamico si può considerare un prodotto di nicchia, non indispensabile. Da sempre guadagna posizioni rispetto agli aceti di vino e anche in questi momenti di crisi potrebbe ben difendersi dalle insidie del mercato. Tuttavia, si assiste anche all’offerta di imitazioni più o meno scadenti, a causa della richiesta di prezzi più competitivi, e quindi a un abbassamento dell’immagine che il prodotto ha a livello nazionale e internazionale.

In particolare nel settore del Balsamico Tradizionale, che ha prezzi indubbiamente alti, il Consorzio ha riscontrato nell’ultimo anno un abbassamento considerevole delle quantità imbottigliate, almeno del 20 per cento, che trova riscontro anche nella provincia di Reggio Emilia.

Il motivo è essenzialmente la grande frammentazione in tanti piccoli produttori che non hanno capacità d’individuare proprie nicchie di mercato. Non investono e si trovano alla mercè di chi il mercato lo conosce. Accettano di vendere in rimessa, pur di monetizzare parte dell’investimento. Molti di loro propongono un prodotto alternativo – i cosiddetti “condimenti”, che del Balsamico Tradizionale hanno l’immagine, la densità e il colore, ma certamente non la qualità – facendo perdere gran parte dell’immagine e del valore di mercato del nostro prodotto.

Cosa fa quindi il Consorzio per fronteggiare questa evenienza?

Noi pensiamo che l’unica via d’uscita sia nella direzione del miglioramento qualitativo. Non si può pensare di fare grandi investimenti pubblicitari per questo prodotto, che non sarebbe comunque raggiungibile dal grande pubblico. Si deve però fare di tutto per mantenere l’immagine del prodotto “originale” a livelli altissimi. Deve essere presentato insieme agli altri prodotti di altissima qualità della nostra provincia, ottenendo così una sorta di economia di scala, a livello d’immagine, per l’accostamento di “eccellenze”.

Per questo motivo, stiamo operando già da tempo insieme agli altri Consorzi delle DOP modenesi, con promozioni, degustazioni e manifestazioni e abbiamo visto che questo modus operandi funziona, nella misura in cui permette di raccogliere l’attenzione di giornalisti e di operatori del settore specialità alimentari. In questo modo, siamo in grado di richiamare anche turismo nella nostra provincia e dare visibilità a tutte le particolarissime realtà produttive che offre il territorio, perpetuando così quel circolo virtuoso che ha caratterizzato le nostre produzioni agroalimentari nella storia.

Anche nella nostra azienda familiare, Fattorie Giacobazzi, cerchiamo di perseguire questi risultati, offrendo alla grande distribuzione prodotti di diverso livello: una gamma di prodotti di base, non molto invecchiati e con prezzi convenienti, ma pur sempre con un’interessante qualità organolettica, accanto a prodotti di alto valore. Questa strategia ha permesso di fidelizzare la clientela, da una parte, offrendo prodotti per tutte le tasche e, dall’altra, offrendo al potenziale consumatore una sorta di percorso educativo, permettendo cioè, compatibilmente con le disponibilità economiche di ciascuno, di poter apprezzare anche i prodotti di altissimo pregio.

Questo non sempre risponde al miglior rapporto profitto-costi, ma abbiamo buona fiducia che tutti gli sforzi dispensati per la salvaguardia del patrimonio del nostro territorio saranno nel tempo ben ripagati.