La Città del Secondo Rinascimento

Numero 13 - Le donne, l'impresa, la comunicazione

Boris Kurakin
vicepresidente della Confindustria russa

IMPRESE ITALIANE E EST EUROPEO

Intervista di Sergio Dalla Val

Nel suo intervento al congresso La rivoluzione cifrematica (3-5 dicembre 2004, Villa San Carlo Borromeo, Senago, Milano) lei ha affermato che oggi le leggi vigenti in Russia garantiscono, per l’imprenditore che voglia investire in Russia, un trattamento sicuro e senza problemi. Può fare qualche precisazione in merito?

Sì, proprio nello stesso mese di dicembre si è tenuto a Bologna, in presenza del sindaco, un congresso a cui hanno partecipato la Confindustria bolognese e la nostra Unione Industriali. Secondo i resoconti che mi sono giunti proprio ieri, si è svolto molto positivamente.

In Russia le leggi esistono, non sono sufficienti, ma ci sono, c’è stato un grande progresso durante gli ultimi dieci anni. Il vero problema è l’assenza di armonia tra la legge federale e le leggi locali. Tre mesi fa Putin ha firmato il decreto che propone che i governatori delle regioni della Russia – che sono ottantotto, sono tanti – vengano eletti e anche presentati dai vertici del potere, ossia dal Cremlino, e questo potrebbe garantire l’armonia e l’implementazione della legge federale nei diversi quartieri e nelle diverse regioni della Russia.

Nelle regioni dell’Est europeo, in nazioni come la Romania e la Bulgaria, gli industriali italiani dislocano le loro fabbriche. In Cina sperano di vendere molte merci. E la Russia può essere un mercato? Può essere paese in cui impiantare aziende? Come mai non è tanto né l’uno né l’altro? Come può diventare sia l’uno sia l’altro? 

Prima di rispondere alla sua domanda, vorrei fare una piccola premessa: non dobbiamo dimenticare che un paee dell’Est come la Romania, per esempio, ha il grande vantaggio della lingua, che, come tutti sanno, è molto simile all’italiano. Io conosco abbastanza bene la Romania, gli italiani sono presenti prima di tutto nell’industria petrolifera, in città come Ploiesti e parzialmente anche in quella siderurgica, tanto da incidere sulle aziende del settore presenti nella città di Galati. In Bulgaria non ho visto tanti italiani, anche se ce ne sono. Ma, venendo allo specifico della sua domanda, devo dire che anche in Russia gli italiani sono dappertutto, ci sono parecchie grandi fabbriche italiane di frigoriferi ed elettrodomestici, aziende del settore siderurgico, ma, sopra tutto, sono molto importanti le industrie italiane di mobili. Per alcune industrie di questo settore il mercato russo è anche più importante di quello italiano. Per non parlare del famosissimo progetto Blue Stream, il progetto della costruzione del gasdotto sotto il Mar Nero, per il quale è già stato siglato l’accordo con l’Eni, per parecchi miliardi di euro. Ma ciò che sarebbe indispensabile oggi, a mio parere, è anche la presenza delle banche italiane in Russia. Attualmente, infatti, oltre aMediobanca e Banca Intesa, non ci sono altre banche italiane. Per questo motivo le società italiane in Russia sono costrette a rivolgersi a banche europee come la Deutsche Bank, per esempio. 

Sarebbe auspicabile, inoltre, la presenza di società italiane di consulenza a supporto dell’industria. Gli italiani sono forti nei servizi, dunque, spero che arrivino presto anche da noi, come condizione sine qua non per una crescita rapida di scambi commerciali tra la Russia e l’Italia.

Ma qual è, secondo lei, l’avvenire dell’impresa russa?

Dieci anni fa, la situazione era catastrofica. Oggi, il GDP (il nostro PIL) è aumentato dell’8%, un dato molto positivo, che indica un incremento della produzione. Certo, non siamo arrivati ai dati di produzione dell’ex URSS, ma questo vuol dire che il passaggio al libero mercato è in corso e richiede moltissimi sforzi. Oggi, l’industria statale rappresenta il 20-25%, quindi, le imprese private sono in maggioranza, e questo dà la speranza che la Russia potrà finalmente arrivare all’Europa. All’inizio del 2004, Putin ha dichiarato che la Russia, nell’arco di cinque anni, dovrebbe raddoppiare il GDP. Questa è già una sfida enorme. Lo sviluppo dell’economia è molto promettente, sopra tutto nel settore della trasformazione delle materie prime: per esempio, prima la Russia spendeva sessantacinque miliardi di dollari all’anno nella trasformazione dei cereali, mentre oggi è autosufficiente. E, così, anche nei settori automobilistico, metalmeccanico e petrolchimico, dove prima erano molto più presenti gli italiani, oggi il paese è autosufficiente. 

E che cosa può dirci del processo d’internazionalizzazione della Russia? C’è la tendenza delle imprese verso l’adeguamento ai parametri europei?

Se questo può essere un dato interessante, le dirò che di recente Putin ha firmato un decreto che obbliga le imprese a impiegare gli standard europei per il bilancio e la contabilità. Inoltre, è stato istituito l’auditing, che prima non esisteva in Russia, mentre è indispensabile per entrare nella finanza internazionale e nel libero mercato.

Ma penso che un grande contribuito all’internazionalizzazione della Russia sia dato dalla presenza, sempre più numerosa, di aziende europee che, come dicevo prima, hanno impiantato lì i loro stabilimenti o sono diventate proprietarie di fabbriche sovietiche forti in vari settori industriali.