La Città del Secondo Rinascimento

Numero 31 - La libertà, l'arte, l'impresa

Graziano Pattuzzi
sindaco di Sassuolo

IL VALORE AGGIUNTO DEL MADE IN SASSUOLO

Se in passato il distretto di Sassuolo era prevalentemente labour intensive, oggi i prodotti del settore ceramico sono frutto di grande automazione e capital intensive. In che modo l’amministrazione comunale ha seguito e favorito questa trasformazione?

Siamo passati dagli anni in cui le amministrazioni mettevano a disposizione le aree per le aziende e fornivano i fabbricati per servizi come le mense interaziendali, a una fase, ritornata in auge anche nella prima metà degli anni novanta, in cui le amministrazioni erano coinvolte nel dibattito sulla riconversione delle strutture industriali. Oggi, gli spazi fisici necessari alle imprese sono sempre più ridotti, mentre si sente l’esigenza, da un lato, di riqualificare le aree industriali abbandonate e, dall’altro, di adeguare le infrastrutture, esigenza in parte risolta, con l’ampliamento della Pedemontana, e in parte in via di risoluzione. Rimane ancora il problema della realizzazione del tratto Campogalliano-Sassuolo, su cui insistere in seno all’Anas e al Ministero, il quale aveva in passato predisposto 234 milioni di euro per il progetto. Un ulteriore progetto è quello, non finanziato, della ferrovia e del collegamento sul fronte reggiano tra il nuovo scalo merci Marzaglia-Cittanova e Dinazzano, previsto nel programma degli accordi sull’alta velocità.

Nel suo intervento al convegno I distretti del made in Italy nell’era della globalizzazione (19 settembre, Confindustria Ceramica), Alberto Piantoni sosteneva che occorrerebbe una maggiore attenzione al marketing territoriale, per la diffusione del made in Italy non solo in termini di richiamo dei prodotti al luogo fisico di produzione, ma anche di veicolo dei valori culturali dei distretti. Quali sono le proposte per aumentare o instaurare un marketing del territorio che metta in luce questi valori e attrarre anche investimenti stranieri?

L’impegno delle aziende del nostro distretto in questo senso è costante e straordinario, visto che, in un mercato sempre più rivolto all’estero, sono riuscite ad affermarsi con prodotti di qualità, sia nella tecnologia che nel design e nel servizio connesso. E, nonostante non sia mai stato strutturato a livello regionale o nazionale, si è scoperto, grazie alle ricerche dell’Università di Modena sui buyer più importanti del mondo, che esiste la percezione di un made in Sassuolo, accanto a quella del made in Italy. Un piano di marketing è previsto in un progetto strategico di area, ideato dalle due province di Modena e Reggio e dai singoli comuni, e prevede la partecipazione importante del sistema economico – Confindustria Ceramica, Acimac e associazioni artigiani e commercianti –, ma occorre vincere il provincialismo che spesso regna nella nostra realtà distrettuale. Il mercato si rende conto che Sassuolo rappresenta un valore aggiunto per il made in Italy, nella produzione della piastrella da rivestimento, da pavimento o da arredo urbano. E le idee non mancano, ma, poiché camminano anche grazie alle risorse, c’è la necessità di reperirle a livello regionale, nazionale ed europeo.

Per quanto riguarda i capitali esteri e la questione finanziaria, sicuramente occorre ripensare a qualcosa per poter scommettere su questa città, da alcuni battezzata come “La piccola Londra”. In un periodo di crisi globale, di cui gli Stati Uniti sono la principale vittima, il nostro sistema bancario risulta più solido e stabile rispetto a quello di altri paesi. Credo che al momento si possa affermare con decisione: “Beati i nostri imprenditori locali”. Le nostre aziende hanno indubbiamente un problema di capitalizzazione, al quale occorre dare presto una risposta, tuttavia, hanno una cultura e un valore immateriale che le rende uniche, tanto che insieme, da Marazzi a Mussini, possono sedersi accanto alle grandi multinazionali, pur non essendo altrettanto forti dal punto di vista finanziario. I nostri imprenditori respirano da sempre questo territorio e fanno parte di quella cultura che poi trasmettono nelle proprie aziende e nel proprio prodotto.

Occorre però lavorare maggiormente sul cambio generazionale. E se è vero, come spesso si dice, che dalle crisi si esce rafforzati, questa crisi finanziaria potrebbe far riflettere e stimolare il ritorno in azienda di alcuni figli di imprenditori. Esiste infatti una differenza indiscutibile tra un’impresa partecipata da fondi vari d’investimento e una in cui l’imprenditore, pur avvalendosi di manager e varie professionalità, opera da protagonista, come appunto succede nelle nostre imprese. Credo che questo sia un valore forte di cui tenere conto.

La città ha un compito d’integrazione costante tra i vari settori. Bisogna forse creare alcuni percorsi in modo da valorizzare la cultura, le tradizioni e tutto ciò che si percepisce nel prodotto, fino a questo momento mai esplicitato in programmi specifici di scambio culturale. Qual è il vostro contributo in questo senso?

Concordo con chi dice che il distretto è frutto sia di elementi materiali sia di peculiarità immateriali, come la storia, l’arte, la cultura, l’architettura, nonché le competenze professionali sedimentate nel corso degli anni e delle generazioni, senza dimenticare le ceramiche artistiche e le stoviglierie da cui prende il via la vera storia del settore nel distretto. Credo che tutto ciò costituisca il nostro valore aggiunto rispetto ai concorrenti che, in termini di qualità del prodotto, spesso non hanno nulla da temere. La cultura però deve tendere a collegare questi diversi aspetti del prodotto – la tecnologia, la professionalità dei dipendenti e degli imprenditori e le politiche di mercato e di marketing – in modo da valorizzarli sui mercati mondiali. Può essere la dimostrazione che esiste ancora una differenza tra il più grande produttore di piastrelle, la Cina, e il quarto produttore mondiale, l’Italia, grazie anche a questo distretto che ha una storia alle spalle e una capacità di offrire un servizio al massimo dell’eccellenza, che ancora oggi lo contraddistingue e lo rende competitivo dando quel valore aggiunto che giustifica anche il prezzo superiore dei prodotti.

La propensione e l’attenzione al bello ci appartengono e ci differenziano da chi non ha alle spalle una storia nazionale e in particolare del territorio locale come la nostra. Il contributo dell’arte e della cultura di un territorio è sempre prezioso. Siamo abituati a vivere nel “bello”: le nostre città sono belle, ricche di storia e di opere artistiche e architettoniche che sono testimonianza di civiltà.

Che cosa può dirci per quanto riguarda la qualificazione professionale nel distretto?

Il fatto che le aziende siano sempre più orientate verso il capital intensive porta a un calo significativo dell’occupazione, soprattutto per quanto riguarda le professionalità basse. D’altra parte, è proprio l’automazione a permetterci di continuare a produrre in un settore considerato ormai maturo da ben trent’anni nel nostro paese. L’attuale situazione di crisi finanziaria dimostra che occorre restare legati al proprio sistema manifatturiero, pur non essendo competitivi su diversi fattori: i costi energetici, in un settore fortemente energivoro, il costo del lavoro, le infrastrutture e le politiche ambientali. Bisogna innanzitutto ridurre i costi e, in questo senso, si sta operando, oltre che con la costituzione di consorzi per l’acquisto di energia, anche per la diminuzione del costo del lavoro e delle persone impiegate per metro quadro.

Ci sono diverse novità nella scuola: l’istruzione superiore verrà rimodellata e si profila la necessità di un aggiornamento. Come distretto, siamo particolarmente interessati alle riorganizzazioni e alle autonomie scolastiche, ma il problema fondamentale rimane legato alla capacità della scuola tecnica di rispondere alle esigenze del mercato. Sembra che in questo senso i nostri istituti siano all’avanguardia, anche grazie a diversi imprenditori che hanno dato il proprio contributo alle scuole per l’acquisto di macchine e attrezzature tecnologicamente avanzate. Bisogna aggiornare l’indirizzo nella formazione di base e in quella secondaria, con l’inserimento di master post-diploma e post-universitari. Anche la Regione è ormai convinta che a Modena si debba puntare su due tecnopoli: uno alimentare, localizzato su Spilamberto (ex Sipe), e uno meccano-ceramico su Sassuolo, e trovare in questo modo un punto d’incontro tra le imprese, l’università, i centri di formazione professionale, in particolare Cerform, e l’istruzione superiore. Si tratta dell’altra importante scommessa di questo distretto. Occorrono, però, alcuni segnali e risposte concrete anche dal punto di vista pubblico e, in merito a questo, la soluzione del tecnopolo e del trasferimento del Centro Ceramico da Bologna a Sassuolo sarebbe del tutto coerente. Ciò implicherebbe, infatti, la collaborazione con le Università di Bologna, già socia del Centro, e di Modena, che al momento lavora in convenzione con lo stesso.

Sicuramente, sono preoccupato per il futuro e credo che bisogna avere la consapevolezza che si dovranno affrontare periodi difficili e problemi sociali seri, ma allo stesso tempo sono fiducioso. In questo clima di preoccupazione generale, s’inserisce il problema dell’immigrazione, che sta interessando sempre più le nostre città, proprio mentre assistiamo al calo dell’occupazione. Sarà inevitabile che si vengano a creare situazioni di non facile governo sociale.

A livello locale, la formazione professionale ha un ruolo indispensabile nell’integrazione. I più giovani si avvicinano ai nostri standard: dopo le scuole medie, alcuni s’indirizzano verso la formazione superiore, molti altri scelgono l’istruzione professionale e in seguito la formazione professionale. Inizia a diffondersi in modo sostenuto la consapevolezza dell’importanza di una formazione adeguata per affrontare il mercato del lavoro. Alcuni immigrati hanno già ruoli significativi dal punto di vista delle professionalità tecniche o imprenditoriali all’interno delle nostre aziende.

Ci sono dunque diversi segnali di un processo in corso. Ma credo che dobbiamo occuparci anche della formazione delle donne, soprattutto arabe, perché anche in questo ambito iniziano a intravedersi alcuni risultati.

Quindi Sassuolo non solo città del made in Italy, ma anche dell’ospitalità...

Sì, anche se oggi questa ospitalità viene minacciata da alcuni elementi di tensione, dati soprattutto dalle battaglie politico-amministrative, che vertono in modo particolare sul tema dell’immigrazione. Purtroppo, non è facile mantenere i toni bassi, e questo favorisce il rischio che Sassuolo dia un’immagine negativa di sé. Io, al contrario, credo che Sassuolo sia una città ospitale, che ha affrontato trasformazioni sociali e l’arrivo di ondate immigratorie notevoli, prima dal nostro Appennino, poi dal Sud Italia e oggi da altri paesi. Rispetto al passato però – quando i flussi erano accompagnati da una crescita occupazionale, produttiva e di benessere – oggi le nuove ondate sono molto più difficili da governare.