La Città del Secondo Rinascimento

Numero 31 - La libertà, l'arte, l'impresa

Giorgio Praderio
architetto

ENTRARE NELL'EUROPA DELLE CITTÀ

Il progetto di Bologna Capitale non è circoscritto alla questione della metropolitana. Si può pensare che corrisponda a un’esigenza di primato di Bologna su altre città, invece è un richiamo al senso di responsabilità. Bologna ha tutte le caratteristiche per ricoprire fino in fondo il ruolo che ha sempre avuto, per posizione territoriale e composizione urbana, nello scenario internazionale, dove la competizione si è fatta durissima, in un momento in cui assistiamo, con l’ultimo crollo delle finanze internazionali, al passaggio radicale dalla modernità alla post-modernità. Quindi, Bologna Capitale vuol dire entrare nello scenario almeno europeo, nell’Europa delle città che sanno dialogare e anche competere tra di loro, ma dove non c’è più posto per vetrine e atteggiamenti da isole e isolati. Bologna deve smetterla di fare la Peter Pan e deve tornare a crescere, proprio come un organismo che è in possesso di un corpo sano, una mente propria e un grande cuore.

Trovo interessante – ed è uno dei motivi per cui ho aderito alla lista di Daniele Corticelli – l’approccio “per progetti” al governo della città, perché va oltre il mero programma elettorale e non ha paura di sporcarsi le mani con le cifre e con i modi differenti di realizzare le singole proposte, pur non abbandonando il concetto di pianificazione della città, che fa parte di uno stile consolidato a Bologna. Lo strumento del progetto è più snello, più concreto, più verificabile, per bilanci, tempi e modi, e diventa progetto ciascuna azione che, partendo dalla città capitale come organismo metropolitano, ne afferra un singolo carattere e lo proietta nel futuro prossimo e remoto. Per esempio, il progetto della Città delle torri, che si occupa della dipendenza energetica, propone che le residue quote edificabili in Bologna si misurino con le questioni del risparmio energetico, del bilancio ambientale, del radicamento territoriale dei giovani e dei costi della macchina urbana. Poi, si potrà anche discutere delle singole iniziative – come quella di spostare lo stadio, di far rientrare i policlinici in un sistema o di costruire una cittadella della giustizia –, ma sono tutti spaccati, sezioni di un’avventura di Bologna che deve fare i conti con le dimensioni imposte dal nuovo scenario.

Ci sono tre livelli su cui affrontare questo scenario all’interno di Bologna Capitale. Il primo riguarda gli elementi necessari, quelli che ho chiamato il corpo dell’organismo urbano, quello delle infrastrutture che a Bologna sono carenti (il metrò, il people mover, il civis, il passante nord e il tunnel collinare) e rispetto alle quali la città registra un ritardo che va assolutamente colmato. Il secondo riguarda gli organi del corpo di Bologna Capitale, i motori, come si dice – l’università, l’aeroporto, i policlinici, i centri commerciali, la fiera –, e di questi occorre una rivisitazione ampia perché sono tutti, a vario titolo, in crisi.

Al terzo livello, che completa gli altri due, c’è il fronte delle possibilità future che Bologna Capitale avrà, se accentuerà la dimensione dell’arte e della cultura (musei, chiese, gallerie), dello sport, della musica e dello spettacolo. Ma aggiungerei la dimensione dell’ospitalità e del turismo, perché sempre più dovremmo fare in modo che il turista abbia motivo di passare per Bologna e lo studente abbia motivo per radicarsi nella città.