La Città del Secondo Rinascimento

Numero 32 - Istanza di qualità

Fabrizio Piva
amministratore unico del CCPB S.r.l.

CHE COSA SIGNIFICA BIOLOGICO

Nel 1988 nasce il Consorzio per il controllo dei prodotti biologici, conosciuto, anche a livello internazionale, con l’acronimo CCPB. Quali sono stati i passi importanti rispetto al biologico in questi vent’anni?

La tappa fondamentale per il biologico è l’emanazione, nel 1991, del regolamento 2092, con cui l’Unione europea disciplina l’attività di produzione, di trasformazione, di etichettatura, di commercializzazione e di certificazione delle produzioni biologiche. Questo regolamento, che è ancora in vigore, uniforma la normativa del settore e pone le condizioni per la sua crescita, poiché nessuna azienda investirebbe in un settore privo di una base giuridica ben definita. Senza una norma che riconosca che cos’è il biologico, chiunque potrebbe affermare di produrlo.

Altri momenti di crescita sono in parte legati ai cosiddetti piani di sviluppo rurale, con cui, ogni cinque anni, l’Unione europea concede incentivi alle aziende agricole che usano il metodo biologico. Questi incentivi coprono eventuali maggiorazioni di costi e puntano a favorire la produzione agricola biologica, riconoscendole un ruolo sociale per la difesa delle risorse ambientali.

Nella storia del CCPB, un passo importante è sicuramente la fondazione, avvenuta ben prima dell’emanazione del regolamento comunitario, per l’esigenza di undici aziende del settore agro-alimentare di avere un organismo che certificasse che i loro prodotti, venduti soprattutto all’estero, fossero biologici. Dal 1° gennaio 2008, la cooperativa fondata allora ha ceduto il nome, CCPB, e l’attività di controllo e certificazione a una srl, che rimane di sua proprietà, e ora si chiama Consorzio Il biologico.

Altri passi importanti, per il CCPB, sono i vari riconoscimenti internazionali ottenuti: quello europeo, fin da subito; poi, l’accreditamento IFOAM, la Federazione internazionale dei movimenti di agricoltura biologica, il cui standard privato, precedente il regolamento comunitario, è più restrittivo; poi, man mano, i riconoscimenti nei vari paesi, come Stati Uniti, Giappone e Canada, in cui il mercato del biologico si è sviluppato. Ciò consente di dare alle aziende che noi certifichiamo la possibilità di esportare i loro prodotti senza particolari problemi.

A livello nazionale, il CCPB ha avuto l’accreditamento SINCERT, che è l’accreditamento volontario. Il SINCERT è l’organismo italiano che controlla i vari organismi di certificazione, verificando che abbiano e mantengano i requisiti previsti dalle norme internazionali (ISO). Quindi, il nostro modo di operare si definisce secondo determinate procedure a loro volta verificate e controllate da ispettori del SINCERT, che dichiarano la competenza, la trasparenza e l’indipendenza dell’organismo di certificazione.

Questi passaggi sono le pietre miliari che hanno consentito al CCPB di crescere e di raggiungere un buon livello all’interno del suo comparto. Poi, certamente, ogni giorno, ci sono occasioni che portano, per fortuna, a fare cose nuove e a crescere.

Come mai l’importante quota italiana di produzione biologica è in gran parte destinata all’esportazione? A che punto è la cultura del biologico in Italia?

Il nostro è il primo paese europeo produttore di biologico e il quinto a livello mondiale, tuttavia oltre il 60 per cento della sua produzione viene esportato. Direi che nel nostro paese manca una sensibilità nei confronti delle produzioni agro-alimentari ecosostenibili, quella che viene chiamata “coscienza ambientale”, probabilmente per scetticismo da parte del consumatore. In Italia, siamo stati abituati a subire sonore e cocenti delusioni in molti casi, quindi, se qualcosa viene presentato come pulito, buono, giusto, serio e sicuro, qualcuno si chiede se sarà poi vero.

Spesso, il consumatore non conosce a fondo il ruolo degli organismi di certificazione, perché non sempre sa che quel nome scritto sulla confezione corrisponde a un soggetto che ha il compito di verificare che il prodotto sia conforme. Pertanto, alla base c’è scetticismo accompagnato, talvolta, da disinformazione.

A proposito d’informazione e disinformazione, le etichette del biologico in Italia sono abbastanza chiare?

Rispetto a quelle degli altri paesi europei, le etichette italiane forniscono maggiori informazioni al consumatore. Accanto alla scritta “Da agricoltura biologica”, indicano per esteso il nome dell’organismo di controllo, la conformità al regolamento CEE 2092/91, oggi sostituito con il Reg. Ce 834/07, l’autorizzazione ministeriale, la sigla IT, che sta per Italia, la sigla CCPB, che è il codice dell’organismo di controllo, e un numero, che corrisponde al codice operatore e identifica in modo univoco l’operatore che ha messo sul mercato quel prodotto; se il prodotto è trasformato, inoltre, è indicato con la lettera T e se è fresco con la F; infine, c’è un codice che identifica il prodotto e consente di risalire alla provenienza degli ingredienti e ai loro fornitori alla stregua di un codice di rintracciabilità. Il consumatore può rivolgersi all’ente certificatore per avere informazioni riguardo agli ingredienti o al produttore, compatibilmente con le norme che regolano la privacy. Sull’etichetta sono riportati l’indirizzo e il numero di telefono o il sito internet dell’organismo di controllo.

Tutte le aziende che producono il biologico, dalla semente al prodotto finito, devono essere controllate e certificate, altrimenti, sono fuori legge. Le aziende certificate sono inserite in appositi albi pubblici, tenuti presso le Regioni, in cui sono elencati i produttori agricoli, i trasformatori, i produttori/trasformatori e gli eventuali importatori da paesi extracomunitari.